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lunedì 23 Settembre 2024

Transizione energetica: a che punto siamo?

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Tutti concordano sull’urgenza della transizione energetica, ma le rinnovabili stentano a decollare, surclassate ancora dai combustibili fossili.

Le rinnovabili hanno vissuto un anno di crescita record della capacità, dopo un periodo di stallo dovuto alla pandemia. Eppure, in risposta alla crisi delle materie prime e all’emergenza energetica connessa alla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, i paesi occidentali hanno scelto di puntare ancora una volta sulle fonti fossili, rimandando l’urgenza della transizione. In realtà è stata una scelta obbligata, perché gli impianti rinnovabili non sono ancora in grado di garantire energia per tutti in modo costante. L’ennesima occasione persa per imprimere una svolta al settore dell’energia, propedeutica a completare la decarbonizzazione necessaria a raggiungere gli obiettivi climatici. A che punto è dunque la transizione energetica?

Rinnovabili e combustibili fossili

Gli investimenti in energie rinnovabili e combustibili sono aumentati per il quarto anno consecutivo, raggiungendo i 366 miliardi di dollari globali. E oggi l’energia solare e quella eolica forniscono per la prima volta oltre il 10% dell’elettricità mondiale, come sottolinea REN21 nel Global Status Report Renewables 2022. La ripresa del mercato del solare termico e dei biocarburanti ha migliorato le prospettive rinnovabili nel riscaldamento e nei trasporti. Mentre il rafforzamento degli impegni politici e la rapida crescita nella vendita di pompe di calore e di veicoli elettrici ha aumentato l’elettrificazione rinnovabile stessa nel settore energetico.

Tuttavia, l’aumento improvviso della domanda di energia (+ 4%) derivante dalla ripresa post-pandemia è stato coperto principalmente dai combustibili fossili, tanto che le emissioni di anidride carbonica hanno di nuovo stabilito un record (+6%). E non si fermano gli incentivi e gli investimenti a essi destinati. Nonostante gli impegni climatici assunti, infatti, la maggior parte degli stati, compresa l’Italia, continua a rispondere alle emergenze con strategie a breve termine che rischiano di compromettere il completamento della decarbonizzazione entro il 2050. L’inserimento da parte dell’UE del gas e del nucleare tra le fonti rinnovabili è indice di questa scelta.

Il mix energetico globale del 2020 rappresenta perfettamente la situazione, con il 78,5% del fabbisogno coperto dai combustibili fossili e il 12,6% dalle rinnovabili. Considerato che nel 2009 il rapporto era di 80,7% a 8,7%, i progressi sono minimi. Esistono naturalmente differenze tra le nazioni, con 3 paesi (Islanda, Norvegia e Svezia) che soddisfano più del 50% del proprio fabbisogno con le rinnovabili, 4 paesi tra il 40% e il 50%, 5 paesi tra il 30% e il 40%, 9 paesi tra il 20% e il 30%, 29 paesi (tra questi l’Italia) tra il 10% e il 20% e altri 29 paesi meno del 10%. La quota di rinnovabili è più alta nel settore energetico (28%), che rappresenta però soltanto il 17% del consumo di energia. A fare testo sono HVAC e trasporti, che insieme rappresentano l’80% dei consumi e sono coperti solo rispettivamente all’11,2% e al 3,7% dalle rinnovabili.

Cosa resta da fare?

I lenti progressi nell’aumento del risparmio energetico, dell’efficienza energetica e nella diffusione delle rinnovabili impediscono dunque di completare la transizione. E soprattutto respingono il mondo verso carbone e petrolio, ancora purtroppo necessari per soddisfare la domanda globale di energia. Si rende perciò sempre più urgente un cambiamento strutturale nel sistema e l’avvio di un’economia rinnovabile basata sull’ottenimento della massima efficienza per dare vita a un futuro energetico più sicuro, resiliente, a basso costo e sostenibile.

Trovarsi faccia a faccia con la propria immutata dipendenza dai combustibili fossili, nonostante i proclami a favore dell’impegno climatico, permetterà agli stati di misurare e – ci si augura – aumentare i propri sforzi nella semplificazione delle procedure per la diffusione delle rinnovabili. Il sostegno della politica ha infatti un ruolo centrale a tal proposito. Ma deve essere supportata – e messa alle strette – dalla crescente domanda da parte dei consumatori finali. Fissare delle date di interruzione delle sovvenzioni e di bando assoluto relativamente all’estrazione e all’utilizzo di combustibili fossili, per quanto lontane, è prioritario per rendere più concreto l’orizzonte della transizione energetica. Allo stesso modo lo è, a maggior ragione nel caso italiano, semplificare la burocrazia per la messa in opera degli impianti rinnovabili.

Le aziende del settore, dal canto loro, dovranno intensificare gli sforzi per produrre tecnologie sempre più efficienti, semplici da gestire e soprattutto riutilizzabili, riciclabili o sostenibili nello smaltimento. Perché ciò accada è però fondamentale avere a disposizione le giuste risorse e competenze, da diffondere tra i professionisti del settore.

L’urgenza della transizione energetica

L’accelerazione della transizione energetica potrebbe anche basarsi soltanto su considerazioni climatiche, dato il pericolo a cui siamo esposti. Ma l’inversione del cambiamento climatico non è l’unico beneficio garantito. Tra i maggiori vantaggi connessi c’è anche l’ottenimento della tanto agognata indipendenza energetica, che la guerra in Ucraina e le minacce della Russia hanno reso ancora più centrale di quanto non fosse già. L’Europa è infatti dipendente dalle importazioni per il 97% del petrolio che utilizza e per l’84% del gas. Questo quadro la rende molto vulnerabile a pressioni di altri paesi, a fluttuazioni nella disponibilità di energia e naturalmente agli aumenti di prezzo, tutti fattori con cui stiamo facendo i conti proprio oggi.

Infine, la transizione energetica è una questione di salute pubblica. Ogni anno nel mondo muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico esterno 8,7 milioni di persone e 3,8 milioni a causa dell’inquinamento domestico. Per non parlare dei decessi correlati agli eventi climatici estremi direttamente correlati al surriscaldamento globale. Abbattere le emissioni di anidride carbonica, la concentrazione di PM e di altri inquinanti significa perciò anche scongiurare ulteriori sofferenze.

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