Le terre rare sono indispensabili per la digitalizzazione e la transizione ecologica, ma il loro approvvigionamento e la loro gestione presentano delle criticità.
Il vero carburante della transizione ecologica sono le terre rare, ingredienti principali di molte delle tecnologie indispensabili per la decarbonizzazione del nostro modello di sviluppo. Stanno infatti svolgendo un ruolo fondamentale nella riduzione dei gas serra attraverso la loro applicazione nei convertitori catalitici automobilistici, nei veicoli ibridi, nelle turbine eoliche, nelle batterie, nei pannelli solari e nelle lampadine fluorescenti ad alta efficienza energetica.
Cosa sono le terre rare?
Le terre rare (REE, Rare Earth Elements) sono un gruppo di 15 elementi indicati nella tavola periodica degli elementi come la serie dei lantanidi: lantanio (La), cerio (Ce), praseodimio (Pr), neodimio (Nd), promezio (Pm), samario (Sm), europio (Eu), gadolinio (Gd), terbio (Tb), disprosio (Dy), olmio (Ho), erbio (Er), tulio (Tm), itterbio (Yb), lutezio (Lu). A questi si aggiungono lo scandio e l’ittrio, che presentano proprietà simili ai lantanidi e si trovano negli stessi giacimenti minerari anche se hanno proprietà elettroniche e magnetiche diverse.
Chimicamente parlando, le terre rare sono forti agenti riducenti. I loro composti sono generalmente ionici e presentano alti punti di fusione e di ebollizione. Sono relativamente morbide quando sono nel loro stato metallico mentre quelle con un numero atomico più alto tendono ad essere più dure. I composti sono comunemente fluorescenti sotto la luce ultravioletta, che può aiutare nella loro identificazione. Le terre rare, di colore grigio-argentato, reagiscono all’aria ossidandosi, ma reagiscono anche con l’acqua producendo idrogeno gassoso. Inoltre, reagiscono con altri elementi metallici e non metallici a formare composti, ognuno dei quali ha comportamenti chimici specifici. Questo li rende indispensabili e non sostituibili in molte applicazioni.
Per cosa sono usate?
Si tratta infatti di componenti chiave in molti dispositivi elettronici che usiamo nella nostra vita quotidiana, così come in una varietà di applicazioni industriali: energia pulita, ingegneria aerospaziale, automotive, difesa, manifattura del vetro, illuminazione, medicina. La destinazione principale delle terre rare, che ha rappresentato il 43% della domanda nel 2021, è la produzione di magneti permanenti, una componente essenziale dell’elettronica moderna. Sono infatti utilizzati in telefoni cellulari, televisori, computer, automobili, turbine eoliche, aerei a reazione e molti altri prodotti. È perciò evidente come questi materiali, grazie alle loro proprietà, siano impiegati anche nelle tecnologie della transizione energetica.
Ecco tutte le terre rare con i loro principali utilizzi:
- Ittrio: fosfori, ceramiche, leghe metalliche
- Lantanio: batterie, catalizzatori per la raffinazione del petrolio
- Cerio: autocatalizzatori, catalizzatori chimici, lucidatura del vetro, leghe metalliche
- Praseodimio: magneti ad alta potenza, pigmento ceramico giallo, autocat
- Neodimio: magneti ad alta potenza
- Promezio: sorgente di radiazioni Beta
- Samario: magneti ad alta temperatura
- Europio: illuminazione fluorescente
- Gadolinio: agente di contrasto per risonanza magnetica, barre di reattori nucleari
- Terbio: fosfori per illuminazione, magneti ad alta potenza per alte temperature
- Disprosio: magneti ad alta potenza ad alta temperatura, laser
- Olmio: i magneti a potenza più alta esistenti
- Erbio: laser, colorante per vetro
- Tulio: materiali magnetici ceramici ancora in fase di sviluppo
- Itterbio: tecnologia in fibra ottica, pannelli solari
- Lutezio: scanner PET
Perché sono considerate materie prime critiche?
Il termine “terre rare” è in realtà improprio perché in realtà i 17 elementi che le costituiscono non sono scarsi, anche se storicamente ci è voluto molto tempo per isolarli. Il cerio per esempio è il 25° elemento più abbondante sulla terra con 68 parti per milione, più del rame. È però vero che, sebbene siano relativamente abbondanti nella crosta terrestre, recano molte tracce di impurità ed è perciò necessario lavorare molto materiale grezzo per ottenerne di utilizzabile quanto a purezza. Inoltre, a causa delle loro proprietà geochimiche le terre rare non si trovano concentrate nei minerali. Di conseguenza, i giacimenti minerari economicamente sfruttabili sono scarsi.
La Cina è il più grande produttore mondiale di REE, rappresentando il 61% della produzione annuale globale, stimata a 168.000 tonnellate per il 2021. Stati Uniti, Myanmar, Australia e Thailandia rappresentano la maggior parte della restante produzione mineraria. L’Europa, che ambisce a porsi come leader della twin transition digital e green, è perciò al momento totalmente dipendente dalle importazioni, in particolare dalla Cina, da cui proviene il 91% delle terre rare usate. Ciò significa che deve sottostare alla volatilità della disponibilità e dei prezzi. All’inizio del 2023 la Svezia – il paese in cui nel 1787 si scoprì la prima terra rara – ha però annunciato di aver scoperto sul suo territorio, a nord del circolo polare artico, il più grande giacimento in Europa, con litio, scandio e lantanio in quantità.