Vale ancora la pena di investire negli smart buildings? Sì, a condizione che riescano a dimostrare concretamente il loro impatto positivo sull’ambiente, sulla salute delle persone e sulla pianificazione urbana. Lo Smart Building Report 2021 di Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, giunto alla terza edizione, ha evidenziato un calo negli investimenti destinati all’edilizia smart. Dagli oltre 8 miliardi di euro stanziati nel 2019 ai 7,67 del 2020, considerando solo il settore residenziale e il terziario. Certo, il 2020 è l’anno del Covid, ma è anche l’anno del Superbonus 110%, che avrebbe dovuto incentivare la modernizzazione degli edifici in chiave sostenibile. Invece, il calo dell’11% negli stanziamenti dimostra che l’Italia non è ancora convinta della reale necessità (e urgenza) di smart building.
Cos’è uno smart building
Un edificio intelligente è interamente basato su tecnologie all’avanguardia, automatizzate e integrate grazie all’Internet of Things, un approccio innovativo cui contribuiscono sensoristica, data analysis e intelligenza artificiale. Gli impianti e gli apparecchi dotati di questo genere di tecnologie possono essere controllati anche da remoto e tramite una piattaforma centralizzata, cui, nel caso di impiantistica domestica, si può accedere tramite smartphone.
Il loro obiettivo è naturalmente di massimizzare il comfort e la sicurezza degli abitanti, nel caso dell’edilizia residenziale, o dei frequentatori dell’edificio, nel caso di quella del terziario. Ma hanno anche lo scopo di migliorare la gestione degli impianti dal punto di vista economico e tecnico, grazie alla manutenzione predittiva. E, soprattutto, di migliorare l’efficienza energetica del parco edilizio, nell’ottica del raggiungimento della carbon neutrality. Costituiscono cioè il terreno d’azione e di sperimentazione privilegiata della confluenza fra trasformazione digitale e transizione ecologica.
I risultati dello Smart Building Report
È probabile che il settore non si riprenderà, tornando ai livelli precedenti la pandemia, fino al 2024, complice anche la carenza di materie prime che l’ha frenato durante il 2021. Concentrandoci sui numeri, è interessante scoprire a quali ambiti sono stati destinati i 7,67 miliardi investiti nel 2020:
- 63% alle building devices and solutions, gli impianti e gli apparecchi che generano energia, che garantiscono salute e sicurezza e che procurano comfort ambientale.
- 16% alle automation technologies, ovvero la sensoristica, che raccoglie i dati sugli impianti e sugli ambienti e li invia alle piattaforme centralizzate.
- 15% alle piattaforme di gestione e controllo, a partire dall’implementazione delle tecnologie di raccolta e analisi dei dati provenienti dai sensori.
- 6% alla connettività wired o wireless, cioè l’infrastruttura di rete senza la quale non si potrebbe nemmeno parlare di digitalizzazione degli edifici, dato che è lei a mettere in comunicazione impianti, sensori e piattaforma di controllo.
Spostandoci invece sulle necessità cui gli investimenti hanno cercato di rispondere, questo è il quadro:
- 4,8 miliardi di euro sono stati destinati all’efficientamento energetico e alla riduzione dei consumi.
- 1,3 miliardi al comfort abitativo.
- 1 miliardo alla sicurezza.
- lo 0,3% alla salute.
Il PNRR per gli edifici intelligenti
Che ne sarà allora di quell’85% di edifici che è stato costruito più di 20 anni fa, non a norma rispetto agli standard odierni? Ad aumentare la percentuale degli edifici italiani sottoposti a “deep renovation”, una ristrutturazione che ne ridurrà i consumi del 60%, dovrebbero pensarci i 39 miliardi di euro che il PNRR destina proprio all’edilizia. Un ammontare di denaro che dovrà essere impiegato in modo efficiente per avviare un processo virtuoso che porti al raggiungimento degli obiettivi dell’Europa per il 2030 (-55% delle emissioni) e per il 2050 (carbon neutrality). Tra le priorità del Next Generation EU c’è infatti anche la cosiddetta Renovation Wave, l’ondata di ristrutturazioni prevista dal Green Deal.
«Gli obiettivi europei di edifici a zero emissioni potranno essere raggiunti solo attraverso ingenti investimenti che portino a ridurre i consumi, aumentare la penetrazione delle fonti rinnovabili e installare infrastrutture digitali per gestire correttamente i carichi termici ed elettrici», spiega Federico Frattini, Vicedirettore dell’Energy&Strategy Group. «Per quanto riguarda l’Italia, gli stanziamenti previsti dal PNRR sono certamente un buon inizio, ma non bastano».
I fondi dovranno, in particolare, dare un impulso alla costruzione di Net Zero Energy Buildings (NZEBs) e di Positive Energy Buildings (PEBs). Ovvero di costruzioni a emissioni zero o che addirittura producono più energia pulita di quella che consumano. Non soltanto nell’ambito residenziale, ma anche in quello pubblico, amministrativo, commerciale e in qualunque altra tipologia di edificio. A tal proposito, il PNRR destina, 500 milioni di euro all’adeguamento delle scuole e 300 milioni a quello di cinema, teatri e musei.
Dal 2018, grazie alla direttiva europea sull’Energy Performance Building (EPBD) esiste persino uno Smart Readness Indicator, indicatore utile a misurare la performance digitale dell’edificio. Senza stime precise non sarebbe infatti possibile osservare con cognizione di causa i progressi dell’edilizia in termini di efficienza e performance.