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lunedì 23 Settembre 2024

Protocolli di comunicazione per l’home automation

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Come interagiscono i dispositivi intelligenti che danno vita all’home automation? Con protocolli di comunicazione!

Se dovessimo descrivere l’epoca che stiamo vivendo in due parole, non potremmo che scegliere la twin transition. La transizione ecologica e digitale che stiamo attuando rappresenta un’operazione complessa, che si serve delle più moderne tecnologie per migliorare la vita delle persone e l’efficienza del nostro modello di sviluppo. Ma cosa permette ai dispositivi smart che si stanno diffondendo nelle nostre case di raccogliere, trasmettere e analizzare i dati utili a farlo interagendo con altri dispositivi? I protocolli di comunicazione, ovvero il linguaggio delle ICT (Information and Communication Technologies) e dell’IoT (Internet of Things).

Cos’è un protocollo di comunicazione?

Un protocollo di comunicazione è un sistema di regole che consente a due o più entità di un sistema di comunicazione di scambiare informazioni. Proprio come fa il linguaggio umano, il protocollo definisce le regole, la sintassi, la semantica e la sincronizzazione della comunicazione e le possibili modalità di individuazione e ripristino degli errori. I sistemi di comunicazione utilizzano infatti formati ben definiti per lo scambio di messaggi, in cui ogni messaggio ha un significato esatto inteso a suscitare una risposta tra una gamma di possibili risposte predeterminate per quella particolare situazione.

Per essere considerato valido, perciò, il formato dei messaggi scambiati deve seguire regole precise e contenere diverse tipologie di informazioni: l’indirizzo sorgente e l’indirizzo di destinazione, il campo controllo, il campo dati – che contiene le istruzioni protagoniste del messaggio –, il campo sicurezza e il campo conferma.

I protocolli di comunicazione per l’IoT

Un sistema domotico si compone di diverse tipologie di dispositivi la cui forza sta nella capacità di comunicare non soltanto con la rete e con un cervello di gestione centrale, ma anche tra di loro, per scambiarsi pacchetti di dati massimizzando la propria efficienza. Questi continui scambi di informazioni in tempo reale avvengono grazie a protocolli di comunicazione specifici, la cui origine si può riscontrare negli anni ’70 con l’introduzione di X10, protocollo di comunicazione attraverso linee elettriche per dispositivi elettronici, che apre l’era della vera e propria domotica.

Per la prima volta nel 2020 il volume delle connessioni IoT ha superato quello delle connessioni non IoT: 11,7 miliardi contro 10 miliardi. E i ricercatori hanno stimato che il numero di connessioni IoT aumenterà a 30,9 miliardi entro il 2025. Questa espansione è supportata dai relativi protocolli di comunicazione, che garantiscono che i dati inviati dai dispositivi endpoint, come i sensori, siano ricevuti e compresi lungo i passaggi successivi che attraversano l’ambiente connesso, indipendentemente dal fatto che il passaggio successivo per quei dati sia verso un altro dispositivo endpoint, un gateway o un’applicazione.

Il passaggio dei dati nei sistemi domotici deve avvenire nell’ambito di una rete comune e chiusa, cui i dispositivi si connettono in modalità wired o wireless. La prima è ancora la più utilizzata, ma la seconda sta recuperando terreno, grazie alla comodità di intervento su stabilimenti esistenti in cui il cablaggio prevederebbe opere e costi di maggiore entità.

Protocolli chiusi e aperti

Non tutti i protocolli di comunicazione IoT sono comunque adatti a ogni dispositivo. Ogni protocollo offre infatti determinate funzionalità, esigenze di consumo energetico e alimentazione, costi e capacità di superare le barriere fisiche diversi, da considerare attentamente in base alle necessità per implementazioni IoT specifiche. A proposito di interoperabilità, la prima scelta da compiere quando si decide di installare un sistema domotico in casa è tra dispositivi dotati di protocolli di comunicazione chiusi e aperti.

I primi, anche detti “proprietari”, assicurano interoperabilità soltanto tra i dispositivi di un determinato produttore e impediscono loro di interagire con dispositivi di altri brand, a meno di accordi specifici. Per risolvere i problemi di comunicazione è talvolta possibile servirsi di gateway, convertitori di protocolli di comunicazione che traducono l’uno nell’altro, o di app, che però spesso rallentano i flussi di dati e impediscono al sistema di raggiungere una piena efficienza. I protocolli aperti, detti anche “standard”, sono invece sviluppati e gestiti da enti terzi e garantiscono ai marchi che vi aderiscono piena interoperabilità tra i rispettivi dispositivi.

KNX, lo standard ideale per l’home automation

I vantaggi correlati alla scelta di un protocollo di comunicazione aperto e dunque pienamente interoperabile sono evidenti e riguardano sia la possibilità di customizzare il sistema e di apportare facilmente migliorie negli anni che la certezza di raggiungere i massimi livelli di efficienza e velocità di interazione nel sistema. Tra i vari standard di questo genere il più diffuso nel mondo della building e home automation è KNX, sviluppato nel 1990 da KNX Association e approvato come standard europeo (EN 50090 – EN 13321-1) e mondiale (ISO/IEC 14543).

Nei sistemi domotici gestiti da KNX sono presenti sensori, attuatori, mezzi trasmissivi e interfaccia utente che, che i dovuti adattamenti ma in piena interoperabilità, supportano sia la connessione wired che quella wireless. Si tratta di una soluzione scalare adatta sia alle grandi che alle piccole dimensioni, cioè sia alle abitazioni private che alle grandi industrie, dato che accetta fino a 60mila dispositivi. Ulteriori vantaggi connessi alla sua adozione sono legati agli alti standard richiesti ai produttori per l’adesione al protocollo, come la certificazione INO 9001 che garantisce la qualità dei prodotti.

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