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lunedì 23 Settembre 2024

Videosorveglianza condominiale: gli aspetti critici per la privacy

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La sorveglianza delle unità immobiliari condominiali rappresenta un tema di particolare interesse per i condomini che, per contrastare fenomeni criminosi di vario genere, non esitano ormai a ricorrere all’installazione di sistemi di videosorveglianza.

La tematica si intreccia con la normativa sulla tutela dei dati personali, di cui ai Regolamento Europeo n. 679/2016, meglio conosciuto come GDPR. È infatti essenziale bilanciare le legittime esigenze di prevenzione e contrasto del crimine con quelle altrettanto legittime di privacy e riservatezza di quanti vengono ripresi dalle telecamere.

Qualora si intenda installare un impianto di videosorveglianza, è in prima battuta necessario comprendere se e in che misura debba essere preventivamente coinvolta l’assemblea condominiale.

In particolare, ove l’impianto sia di titolarità dell’intero condominio, sarà necessario, per la sua implementazione, procedere con la convocazione dell’assemblea condominiale, che – ai sensi e agli effetti dell’art. 1122 ter del codice civile – dovrà approvare tale innovazione con la maggioranza degli intervenuti (non importa se presenti personalmente o per delega), portatori di almeno la metà del valore dell’edificio.

A tal proposito, pare opportuno precisare che tale intervento non rappresenta un’innovazione suscettibile di utilizzazione separata, con la conseguenza che, in caso di deliberazione positiva dell’assemblea, le relative spese andranno suddivise tra tutti i condomini, compresi i dissenzienti, in base alle rispettive quote millesimali.

All’esito dell’installazione del sistema di sorveglianza, è in ogni caso essenziale che vengano rispettate alcune regole di base per il trattamento dei dati personali degli interessati, ed in particolare delle video riprese ritraenti i condomini e i loro ospiti.

Nello specifico, le immagini raccolte devono essere utilizzate unicamente per le finalità perseguite con l’installazione dell’impianto, ossia per la tutela e la protezione dei beni comuni e di quelli individuali, evitando qualsivoglia trattamento esulante dai predetti. In aggiunta, è essenziale che sia impostato un sistema di conservazione delle riprese, che preveda la sovrascrittura automatica dopo 24h, salvo necessità ulteriori legate al perseguimento di finalità di giustizia e di protezione.

Non da ultimo, è in questa sede opportuno chiedersi se un condomino possa – al di là delle esigenze collettive – installare un impianto di videosorveglianza privato, con l’obbiettivo di salvaguardare la propria incolumità e i propri beni personali.

Tale intervento è senza dubbio possibile, purché – se effettuato su parti comuni dell’edificio – venga rispettato quanto statuito dall’art. 1102 del codice civile. In altri termini, l’installazione del sistema di videosorveglianza privato non deve in alcun modo alterare la destinazione del bene, né compromettere il diritto al pari uso da parte degli altri comproprietari.

A tal proposito, inoltre si specifica che – al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.) – l’angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad esempio antistanti l’accesso alla propria abitazione, escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, di aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) o aree antistanti l’abitazione di altri condomini.

Sul punto è di recente intervenuta la Corte Appello di Catania, che, nella sentenza n. 317/2022, ha tuttavia allargato le strette maglie del diritto appena delineate. Invero, i giudici hanno stabilito che non si configura la violazione del diritto alla privacy nel caso in cui un soggetto effettui riprese dell’area condominiale destinata ai pianerottoli, alle scale condominiali, al parcheggio o all’ingresso, trattandosi di luoghi destinati all’uso di un numero indeterminato di persone e pertanto esclusi dalla tutela di cui all’art. 615 bis c.p..

La vicenda trattata dalla Corte riguarda il caso di un soggetto, proprietario di alcuni locali al piano terra di un condominio, che aveva deciso di installare due telecamere a custodia e vigilanza dell’accesso. Il condominio riteneva l’installazione assolutamente illegittima e contraria alle regole generali sul trattamento dei dati personali, poiché il proprietario medesimo non era ricorso all’approvazione dell’assemblea, ai sensi dell’art. 1122 ter c.c., procedendo in autonomia.

I giudici, tuttavia, hanno ritenuto che in tale ipotesi non si possa applicare l’art 1122 ter c.c. in quanto non trattasi di un impianto di videosorveglianza condominiale posto a salvaguardia delle parti comuni, ma di un sistema di proprietà esclusiva, posto a tutela, quindi, di beni del singolo condominio.

Ad ogni buon conto, anche alla luce di orientamenti giurisprudenziali più o meno garantisti, buona regola, quando si procede all’implementazione di tali sistemi di sorveglianza, è quella di prendere in considerazione non solo le esigenze di tutela del patrimonio e dell’incolumità propria e altrui, ma anche quelle legate alla protezione dei dati personali, bilanciando sempre gli interessi in gioco e adottando opportune misure di sicurezza per la tutela della riservatezza degli interessati.

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