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martedì 28 Gennaio 2025

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La quietanza liberatoria dell’amministratore fa prova circa il versamento delle spese condominiali. 

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Spese condominiali in caso di compravendita, la quietanza dell’amministratore prova l’adempimento da parte del venditore. È quanto è emerso dall’intervento della Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 29740 del 26.10.2023 nel procedimento che vede contrapposti l’acquirente e il venditore di un appartamento.

Il caso che porta alla pronuncia degli Ermellini trova origine nella compravendita di una unità immobiliare. Il compratore, con il cambio di amministratore, si trova debitore verso il condominio di una somma di denaro che era imputabile temporalmente al precedente proprietario. Il Condominio, infatti, aveva preteso dall’acquirente il pagamento delle quote condominiali insolute e di somme di cui si era appropriato il precedente amministratore. Sentitosi danneggiato il compratore decideva di agire in giudizio contro la venditrice, la quale gli aveva già garantito di essere in regola con il pagamento degli oneri condominiali e che non vi erano spese di manutenzione ordinaria o straordinaria deliberate e non ancora saldate, impegnandosi, nel rogito, a tener indenne l’acquirente da ogni responsabilità al riguardo fatti salvi gli obblighi verso i terzi ai sensi dell’art. 1104, comma 3 c.c..

Accolta in primo grado la tesi difensiva della venditrice, impugnato il provvedimento, il Tribunale riconosceva sussistenti le ragioni del compratore-attuale condomino, in quanto, la venditrice si era obbligata a tenere indenne la controparte per il pagamento delle quote insolute maturate in data anteriore alla vendita, non anche per eventuali ammanchi di cassa, non essendovi alcun riscontro contabile con riferimenti ai presunti versamenti documentati dalle quietanze rilasciate dal precedente amministratore.

Veniva così investita la Corte di Cassazione, gli Ermellini rilevavano quanto segue.

Il precedente amministratore aveva rilasciato la quietanza di pagamento per le quote insolute, atti di cui non è stato accertato il carattere simulato, e le verifiche contabili effettuate ex post dall’amministratore subentrato potevano logicamente dar conto del mancato rinvenimento delle somme nelle casse condominiali o del fatto che l’amministratore non avesse lasciato traccia dei versamenti. Detti accertamenti non potevano essere valutati al fine di trarre elementi di falsità delle dichiarazioni di quietanza, non potendo soccorrere, poiché del tutto immotivata, la “ben diversa attendibilità dei due soggetti (vecchio e nuovo amministratore)”, valorizzata dalla pronuncia dal Giudice di secondo grado.

Nulla dice – in realtà – la sentenza impugnata neppure su quali verifiche contabili avesse svolto l’amministratore in carica e in base a quali criteri e risultanze siano stati distinti gli ammanchi di cassa, (dei quali – secondo lo stesso giudice di merito – la ricorrente non doveva rispondere), dalle quote rimaste insolute (al cui pagamento era tenuta la venditrice in virtù delle previsioni del rogito), risultando, anche sotto tale profilo, impossibile individuare l’iter logico che ha determinato l’accoglimento delle domande di rimborso nei confronti della ricorrente.

Inevitabilmente, la Suprema Corte cassava la sentenza, riconoscendo che le verifiche contabili effettuate dal nuovo gestore possono solo dar conto dell’ammanco dei soldi nella cassa, ma non della falsità della quietanza liberatoria rilasciata.

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