La costituzione di un fondo cassa da parte dell’assemblea condominiale, ancorché non venga disposto l’impiego dei residui attivi di gestione nell’esercizio di riferimento, non viola la necessaria dimensione annuale della gestione condominiale, essendo sufficiente che le quote versate dai singoli condomini possano, anche solo implicitamente, desumersi dal rendiconto, e ciò anche tramite la loro rilevabilità nei conti individuali dei singoli condòmini e dalla conseguente riduzione, per compensazione, delle quote di anticipazione dovute dagli stessi condòmini per l’anno successivo.
È quanto emerge dalla lettura dall’Ordinanza n. 25900/2022 della Suprema Corte, interessata, dopo due gradi di giudizio di merito, dal ricorso promosso da un condomino che aveva impugnato la delibera condominiale costitutiva di un fondo cassa che lo stesso riteneva privo della previsione di un termine temporale per l’impiego medesimo. Invero, il ricorrente sosteneva che la determinazione dell’assemblea aveva attribuito al fondo, e pertanto alle quote dei singoli proprietari, un vincolo a tempo indeterminato di esistenza, dunque, a suo dire illegittimo perché contrario al divieto di previsioni di spesa superiori ad un anno costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità.
Nel caso in esame, si deve precisare che l’assemblea aveva semplicemente omesso di disporre l’impiego dei residui attivi nell’esercizio di riferimento, senza tuttavia vincolarli oltre l’esercizio successivo o per periodi ancor più lunghi.
Come più volte ribadito dalla giurisprudenza, ciò non sarebbe contrario al dettato normativo, in quanto è sufficiente che i residui attivi , anche solo implicitamente, desumersi dal rendiconto in modo da poter essere rilevati nei conti individuali dei singoli condomini per la conseguente riduzione per compensazione delle quote di anticipazione dovute per l’anno successivo (Cass. 3936/1975; Cass. 8167/1996 ; Cass. 17035/2016 ).
La decisione assembleare – dunque – non violava la necessaria dimensione annuale della gestione condominiale mediante la previsione di un fondo cassa alimentato con le anticipazioni da parte dei condomini (cfr. Cass. n. 7706/1996 ; Cass. n. 20135/2017 ).
Come veniva accertato nei due gradi di merito, la reale finalità della delibera istitutiva di un fondo cassa era quella di assicurare alla collettività condominiale la disponibilità di liquidità economica per far fronte ai maggiori oneri economici che si sarebbero dovuti affrontare, una volta terminato il periodo in relazione al quale era stato approvato il preventivo (cfr., in proposito, Cass. 12638/2020 ), una sorta di fondo con una destinazione generica ma, comunque, nell’interesse del condominio e delle spese che il medesimo genera.
Si deve ribadire, comunque, che la giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che la costituzione di un fondo cassa per le spese di ordinaria conservazione e manutenzione dei beni comuni appartiene al potere discrezionale dell’assemblea e non pregiudica né l’interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né il loro diritto patrimoniale all’accredito della proporzionale somma (Cass. 3936/1975; Cass. 8167/1996 ; Cass. 17035/2016 ), risultando di tutta evidenza che la disponibilità, da parte dell’amministratore, di una pronta liquidità di cassa gli consente di affrontare con maggiore prontezza e tranquillità l’ordinaria gestione del condominio (Cass. 8167/1997 ).
Di talché, con l’Ordinanza, 02/09/2022, n. 25900, viene affermato che ancorché non venga determinato come utilizzare gli accantonamenti attivi di gestione nell’esercizio di riferimento, ciò non viola la necessaria dimensione annuale della gestione condominiale, in quanto risulta fondamentale che i medesimi (accantonamenti) si possano desumere dal rendiconto ed imputati ai conti individuali.