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lunedì 23 Settembre 2024

Nel post pandemia le città diventano resilienti

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Ebbene sì, anche le città possono essere resilienti.

Il concetto di resilienza lo conosciamo bene, ne abbiamo sentito parlare ampiamente in quest’ultimo periodo, soprattutto applicato a noi esseri umani. 

Ma affiancare la resilienza ai quartieri urbani è ancora percepito come inusuale. 

E nel post pandemia è assolutamente doveroso. 

Per quale motivo? 

 

Cosa sono le città resilienti

 

Per città resilienti si intende un sistema urbano capace di evolversi a seguito di ogni tipo di cambiamento, non solo per “sopravvivere”, ma proprio per progredire in meglio. 

In un contesto appesantito dal riscaldamento globale, ad esempio, le città resilienti sono quelle che cambiano i propri modelli organizzativi e gestionali per reagire in maniera più efficiente all’impatto ambientale e nel contempo favorire nuove abitudini dei loro abitanti per introdurli verso una nuova sostenibilità quotidiana

L’impatto della pandemia

Con la questione pandemia il concetto di città resiliente ha assunto altri risvolti

Lo shock causato dal Covid-19 ha infatti spinto i centri urbani a trasformarsi, adeguandosi ai cambiamenti tecnologici, demografici ed economici, con l’obiettivo di proteggere e difendere la popolazione dall’allarme generale diffuso. Al centro quindi ci sono gli abitanti, i cittadini, o meglio le persone, a cui è doveroso offrire uno stile di vita incentrato su salute, sicurezza, istruzione.  

Rispetto a prima, i rischi e i pericoli a cui sono esposti i centri urbani oggi sono sempre più diversificati e complessi. Quindi, non è più possibile considerare un rischio alla volta e svincolato dagli altri per prevedere un conseguente specifico meccanismo di difesa; ma è necessario un approccio integrato e strutturato al rischio, che rende la città più flessibile al cambiamento.

 

Gli edifici delle città resilienti

 

La prima necessità delle città resilienti è quella degli “spazi smart”. Ciò significa adottare metodi di costruzione più economici e flessibili, e prevedere costruzioni modulari e spazi riutilizzabili per altri scopi e con layout adattabili a destinazioni d’uso sempre più ibride. Le città resilienti dovranno avere edifici adeguati a garantire la salute e la sicurezza agli utilizzatori, grazie all’utilizzo di metriche che monitorino non solo la luce e il rumore, ma anche la ventilazione, la filtrazione dell’aria e la pulizia.

Gli approcci che le città europee aspiranti alla status di resilienti possono adottare riguardano vari aspetti e hanno obiettivi a breve o a lungo termine. La combinazione di strategie è l’arma vincente, soprattutto se applicata da più di 100 città e sparse in tutto il mondo. I settori in cui servono approcci e strategie resilienti sono inoltre quello dell’urbanistica e dei trasporti, quello della gestione dell’acqua e della raccolta dei rifiuti. 

 

Dal singolo edificio al quartiere

 

Nel prossimo futuro la trasformazione urbana passerà quindi da una più evoluta pianificazione, progettazione e digitalizzazione degli spazi pubblici. 

La pandemia è stata un acceleratore naturale della digitalizzazione del settore, a causa della richiesta sempre più impellente di tracciare informazioni relative alla salute, alla mobilità e all’utilizzo dello spazio. 

Idealmente si tenderà a un network di edifici connessi fra loro che favoriscano l’efficienza energetica e l’ottimizzazione delle risorse su larga scala. Ma il network dovrà coinvolgere non solo gli edifici, ma anche le amministrazioni cittadine, le imprese, il governo. 

Insomma, anche i cittadini dovranno essere più resilienti per affrontare al meglio le conseguenze economiche del Covid-19 e ottenere soluzioni smart in termini di innovazione.  

 

Bologna è tra le città italiane più resilienti

 

Bologna è una delle cento città resilienti della Rockfeller Foundation, un’organizzazione impegnata nella diffusione dei progetti per città resilienti

Negli ultimi anni la città si è attivata per diventare una città resistente ai cambiamenti climatici responsabili di alluvioni, siccità e alterazioni delle temperature.Tra i progetti messi in campo, uno dei principali è BlueAp, finanziato dalla Commissione Europea e lanciato nel 2012. Il primo passo fatto è stato quello di analizzare il contesto territoriale ed individuare i principali punti deboli, compilando un Portfolio climatico.

Le principali aree di criticità individuate sono state tre: la carenza idrica, i picchi di calore anomali in area urbana e il rischio idrogeologico. Di conseguenza si sono messe in atto azioni finalizzate a ridurre i rischi, riducendo i consumi idrici, aumentando le aree verdi, riducendo l’espansione del territorio impermeabilizzato e migliorando i sistemi di drenaggio.

 

Un esempio mondiale: Yokohama

 

Questa città giapponese è tra le più densamente popolate del paese e proprio questo la espone ad una serie di rischi e problemi.

Il Governo giapponese ha scelto questa città per lo sviluppo di un progetto inerente a nuovi sistemi di generazione energetica, in modo da trasformarla in un esempio per altre città o aree.

Tra gli obiettivi ci sono quello di ridurre le emissioni e favorire l’uso delle risorse rinnovabili. Il progetto Yokohama Smart City, avviato nel 2010, punta proprio a trasformarle questo centro metropolitano in una città sostenibile, economicamente competitiva e resistente al cambiamento climatico.

Le azioni proposte dal progetto riguardano anche lo studio di un sistema di mobilità sostenibile la diffusione delle smart grid, una migliore gestione dei rifiuti e il riciclo dei fanghi fognari.

 

 


Per approfondire l’argomento ti consigliamo le seguenti letture:

 

Una gestione smart dei rifiuti nelle città del futuro

Real Estate: i trend 2021 del mercato immobiliare

Il lockdown ha cambiato lo spazio

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