Per contenere i consumi idrici bisogna innanzitutto conoscerli con precisione: l’analisi dell’impronta idrica permette di farlo.
Quanta acqua consuma l’intero genere umano ogni anno? Quanta la produzione di cotone coltivato nel bacino del fiume Indo? E la soia brasiliana importata nell’Unione europea? Una floricoltura in Etiopia? Come capire se un paese, un prodotto, un’azienda o un bacino fluviale ha un’impronta idrica sostenibile? Dal 2002, anno di fondazione del Water Footprint Network, l’analisi dell’impronta idrica può dircelo con precisione, suggerendoci le azioni da intraprendere per ridurre i consumi.
Cos’è l’impronta idrica?
L’impronta idrica (water footprint) misura la quantità di acqua impiegata per produrre ognuno dei beni e dei servizi che utilizziamo. Si tratta cioè della misura dell’appropriazione di acqua dolce da parte degli esseri umani quantificata in volumi di acqua consumata e/o inquinata. Può essere misurata relativamente a diversi oggetti o ambiti: un processo, un prodotto, un’azienda, i beni e servizi consumati da un individuo o da una comunità, un bacino fluviale o persino un intero paese. Consente dunque di rispondere a un’ampia gamma di domande che potrebbero porre aziende, governi e individui.
L’impronta idrica prende in considerazione l’utilizzo idrico diretto, cioè l’acqua utilizzata direttamente dagli individui, e indiretto, cioè la somma delle impronte idriche di tutti i prodotti consumati, di un processo, prodotto, azienda o settore. E tiene conto del consumo e dell’inquinamento idrico durante l’intero ciclo produttivo, dalla catena di fornitura all’utente finale. Ci aiuta perciò a capire per quali scopi le nostre limitate risorse di acqua dolce sono consumate e inquinate. L’impatto che ha dipende naturalmente anche da dove è prelevata l’acqua e quando. Se proviene da un luogo in cui l’acqua è già scarsa o in una stagione siccitosa, le conseguenze possono essere molto più significative.
A introdurre nel 2002 il concetto di impronta idrica è il professor Arjen Y. Hoekstra, che afferma che «questioni come la scarsità d’acqua e l’inquinamento possono essere meglio comprese e affrontate considerando la produzione e le catene di approvvigionamento nel loro insieme». «I problemi idrici sono spesso strettamente legati alla struttura dell’economia globale. Molti paesi hanno esternalizzato in modo significativo la loro impronta idrica, importando merci ad alta intensità idrica da altrove. Questo mette sotto pressione le risorse idriche nelle regioni esportatrici, dove troppo spesso mancano meccanismi per una saggia governance e conservazione dell’acqua. Non solo i governi, ma anche i consumatori, le imprese e le comunità della società civile possono svolgere un ruolo nel raggiungimento di una migliore gestione delle risorse idriche».
Le componenti
Secondo il Water Footprint Network le componenti che contribuiscono al computo globale dell’impronta idrica sono tre e forniscono insieme un quadro completo dell’uso dell’acqua. Delineano cioè la fonte di acqua consumata sotto forma di pioggia/umidità del suolo o di superficie/falda acquifera e il volume di acqua dolce necessaria per l’assimilazione degli inquinanti. Ecco le componenti:
- Acque verdi, cioè le acque delle precipitazioni che non ruscellano in superficie ma vengono immagazzinate nel suolo ed evapo-traspirate. Sono particolarmente rilevanti per i prodotti agricoli, orticoli e forestali.
- Acque blu, le acque che provengono da risorse idriche superficiali o sotterranee utilizzate in agricoltura, in ambito domestico e nell’industria. Sono costituite dall’acqua dolce che non torna a valle del processo produttivo nello stesso punto in cui è stata prelevata oppure torna, ma in tempi diversi.
- Acque grigie, cioè il volume di acqua dolce necessario ad assimilare e diluire gli inquinanti perché la qualità delle acque torni a soddisfare gli standard di qualità. I suddetti inquinanti possono essere stati scaricati direttamente attraverso un tubo o indirettamente attraverso il deflusso o la lisciviazione.
Come si misura l’impronta idrica?
La valutazione dell’impronta idrica è un processo in quattro fasi che quantifica e mappa le impronte idriche verdi, blu e grigie. Valuta poi la loro sostenibilità, l’efficienza e l’equità nell’uso dell’acqua e identifica quali azioni strategiche dovrebbero essere prioritarie per rendere sostenibile un’impronta idrica. Si inizia con la definizione degli obiettivi e della portata dello studio, che può essere condotto per diversi scopi e dunque adattato per soddisfarli. La fase della valutazione definisce poi la scala spaziale e temporale dello studio, ad esempio se l’attenzione sarà globale o all’interno di un singolo bacino, se si estenderà su uno o più anni, se includerà in parte o tutta la catena del valore…
Una volta definiti l’obiettivo e la portata della valutazione dell’impronta idrica, vengono raccolti dati per calcolare l’impronta verde, blu e grigia dei processi rilevanti per lo studio. Tali dati possono provenire da database globali o possono essere raccolti localmente e i calcoli seguono la metodologia descritta nel Manuale di valutazione dell’impronta idrica. Nella terza fase si valuta se l’uso dell’acqua è sostenibile dal punto di vista ambientale, efficiente in termini di risorse ed equamente allocato. Ovvero se l’uso dell’acqua bilancia i bisogni delle persone e della natura, se stiamo utilizzando con il massimo beneficio le nostre limitate risorse idriche e quanto equamente stiamo condividendo le acque che utilizziamo.
Utilizzando le informazioni ottenute nelle fasi precedenti, è possibile individuare strategie di risposta che riducono l’impronta idrica e ne migliorano la sostenibilità: è l’ultima fase del water footprint assessment.
Chi volesse calcolare l’impronta idrica della propria quotidianità domestica può farlo direttamente sul sito di Water Footprint Network, inserendo dati sulle proprie abitudini alimentari e sull’utilizzo dell’acqua sanitaria. Water Footprint Network offre inoltre un database di prodotti con relativa impronta idrica media, che può aiutarci a compiere scelte più sostenibili. Per esempio, mentre un chilo di pomodori e lattuga richiedono solo 214 e 238 litri d’acqua per arrivare nel nostro frigorifero, un chilo di carne ne richiede più di 15mila e un chilo di cioccolata più di 17mila.