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giovedì 21 Novembre 2024

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Cos’è il depaving e quali sono i suoi vantaggi?

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Il depaving rimuove l’asfalto e il cemento inutile dalle città per ridare spazio al terreno e alla vegetazione.

La dilagante urbanizzazione nel corso dell’ultimo secolo ha visto innumerevoli milioni di miglia quadrate di terreno naturale pavimentati con cemento, asfalto e altri materiali impermeabili. I danni causati da questa pratica sono evidenti da tempo e contribuiscono in maniera determinante al surriscaldamento delle città. Ecco perché la tendenza dovrebbe invertirsi e riportare alla luce il terreno e con esso il verde urbano: è questo l’obiettivo del depaving, la deimpermeabilizzazione del suolo.

Cos’è il depaving?

Il depaving, traducibile come deimpermeabilizzazione, è la rimozione dello strato di asfalto, cemento o altri materiali artificiali e impermeabili dal terreno. L’obiettivo è di riportare alla luce il terreno e il suolo sottostanti, garanzia di salute per le persone, l’idrogeologia, la biodiversità e in generale la città. Per diventare più ospitali in un’epoca di cambiamento climatico e di inurbamento di milioni di persone, le città devono infatti necessariamente diventare più verdi. Lasciare spazio alla natura, integrare elementi naturali nella pianificazione urbana è, insieme alla transizione energetica, l’istanza più importante per il futuro nelle città.

Sempre più città si stanno perciò chiedendo se tutta la loro pavimentazione sia davvero necessaria. Uno sguardo ravvicinato praticamente a qualsiasi area urbana rivelerà infatti molte superfici impermeabili che non hanno ragione di essere lì: pezzi ridondanti di marciapiedi, lotti abbandonati, cortili scolastici cementificati, parcheggi, piazze pubbliche grigie, corsie extra e così via.

E non si tratta solo degli spazi pubblici: tanti di noi hanno infatti cortili e vialetti inspiegabilmente pavimentati. Spesso il depaving parte proprio da privati cittadini, associazioni di quartiere e organizzazioni no-profit, che forniscono un modello su come iniziare a sbloccare il potenziale della natura nelle aree urbane. Ma i finanziamenti pubblici, i cambiamenti a livello politico nelle normative sull’uso del territorio, nei trasporti e in altri ambiti sono indispensabili.

Un ovvio punto di partenza, dal punto di vista politico, potrebbe essere quello di ripensare alcune delle infrastrutture costruite nel XX secolo che potrebbero non soddisfare le esigenze del XXI.

I danni dell’impermeabilizzazione

Quello che era iniziato come un modo per soddisfare le esigenze del 20° secolo è diventato un ostacolo per affrontare le sfide del 21°, minacciando la capacità delle città di rimanere luoghi vivibili in grado di resistere agli effetti di un clima che cambia. La cementificazione del suolo soffoca infatti la biodiversità, impedisce il sequestro dell’anidride carbonica e la penetrazione dell’acqua nel terreno e fa impennare le temperature oltre a impedire il contatto dei cittadini con il verde.

Strade, parcheggi, edifici, vialetti e altri elementi delle infrastrutture urbane causano innanzitutto gravi interruzioni dei processi idrologici naturali. Poiché l’acqua piovana non riesce a penetrare nel terreno, l’aumento del deflusso superficiale porta a eventi di inondazioni più frequenti e gravi, impedisce la ricarica delle falde acquifere, impedisce la filtrazione naturale degli inquinanti e quindi incide sulla qualità dell’acqua e danneggia gli habitat acquatici e gli ecosistemi.

La perdita di superfici naturali contribuisce inoltre notevolmente all’aumento della temperatura nelle nostre città, esacerbando l’effetto isola di calore urbano e la miriade di impatti sulla salute che ne derivano, tra malesseri e decessi. Il cemento e l’asfalto infatti si surriscaldano e ri-emettono il calore del sole, alzando ulteriormente la temperatura di determinati quartieri.

Inoltre, la perdita di suolo corrisponde a una perdita di biodiversità vegetale e animale e dei relativi ecosistemi. Il suolo è infine un importante serbatoio di carbonio perché cattura in modo permanente la CO2 presente nell’aria. Soffocarlo significa aumentarne la concentrazione, con un ulteriore effetto dannoso sulla salute delle persone e sull’innalzamento delle temperature.

Il depaving in giro per il mondo

Dall’Europa all’Australia, le città stanno progressivamente smantellando inutili tratti di cemento e asfalto, permettendo alla natura di riprendersi il suo posto.

La città di Lovanio in Belgio afferma che sta abbracciando il depaving – o “ontharden” – in grande stile. Il quartiere suburbano di Spaanse Kroon, che ospita circa 550 persone, è uno degli ultimi obiettivi di un’iniziativa di depaving e rinaturalizzazione guidata dalla città. I piani prevedono la rimozione di notevoli volumi di asfalto dall’area residenziale e l’obbligo per le auto di condividere lo stesso tratto di strada con pedoni e ciclisti.

Anche la Francia sta ufficializzando il depaving. A livello nazionale, il governo francese ha messo a disposizione 500 milioni di euro (540 milioni di dollari/430 milioni di sterline) per l’inverdimento urbano, che comprende la depavimentazione ma anche l’installazione di pareti e tetti verdi. Parte della motivazione è quella di rendere i paesi e le città più resilienti alle ondate di caldo estivo, che hanno gravemente colpito alcune parti della Francia negli ultimi anni.

La Cina è stata leader in questo campo, aprendo la strada all’idea delle “città spugna”. La città di Nanning, per esempio, ha speso 1,6 miliardi di dollari per installare pavimentazioni che assorbono l’acqua, tetti e muri verdi e un grande parco paludoso che può essere allagato in sicurezza.

Negli USA, la città di Nashville, che ha subito inondazioni mortali nel 2010, ha trasformato i vicoli in giardini pluviali fioriti e pieni di api. Più di dieci anni fa, Chicago ha investito 14 milioni di dollari nella costruzione di quella che ha soprannominato la “strada più verde d’America”. Il tratto di due miglia tra Blue Island Avenue e Cermak Road nel quartiere di Pilsen sfoggia giardini pluviali, marciapiedi permeabili e lampioni ad energia solare.

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