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lunedì 23 Settembre 2024

Carburante sostenibile da whisky e anidride carbonica

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La concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera non ha mai raggiunto livelli tanto alti come quelli odierni, escludendo il Pliocene (4 milioni di anni fa). Nel maggio del 2021, mese che viene utilizzato per misurare i cambiamenti occorsi nei parametri anno dopo anno, erano 429 le particelle per milione di diossido di carbonio (dati del NOAA). Un’altra criticità della nostra era è l’ammontare annuo della produzione di rifiuti, di cui ormai siamo letteralmente sommersi. E un terzo problema da affrontare al più presto è la sostituzione dei carburanti tradizionali con carburante sostenibile.

E se trovassimo il modo di liberarci di tutti e tre i problemi contemporaneamente? Ci stanno lavorando due realtà molto diverse tra loro, per natura e longitudine, ma accomunate dal desiderio di trasformare problemi apparentemente insormontabili in risorse, per compiere il passo decisivo verso la carbon neutrality. Sono l’Università di Cincinnati, in collaborazione con Rice University, Shanghai University e East China University of Science and Technology, da una parte e la start up scozzese Celtic Renewables dall’altra.

 

Un carburante sostenibile dall’anidride carbonica

Tra le maggiori sfide della contemporaneità ci sono il contenimento delle emissioni di anidride carbonica e la ricerca di un carburante sostenibile. L’Università di Cincinnati potrebbe aver trovato un modo per risolvere entrambi i problemi, producendo carburante dall’anidride carbonica. Il progetto di ricerca, pubblicato sul giornale scientifico Nature Communications, sta sperimentando l’utilizzo di un catalizzatore di carbonio per convertire all’interno di un reattore l’anidride carbonica (CO2) in metano (CH4).

Alla base dell’esperimento c’è la reazione di Sabatier, in cui il nichel fa da catalizzatore per la reazione del diossido di carbonio con l’idrogeno, che produce metano e acqua. Il processo chimico è già utilizzato per ricavare carburante destinato a mantenere in orbita le Stazioni Spaziali, a partire dall’anidride carbonica estratta dall’aria che respirano gli astronauti. Si tratterebbe perciò soltanto di trasferirlo sulla Terra aumentandone la produttività e rendendolo scalabile.

Il riciclo dell’anidride carbonica potrebbe essere la chiave per il raggiungimento del dimezzamento delle emissioni entro il 2030 e della carbon neutrality entro il 2050. Ma non solo. L’aumento di produttività del processo chimico potrebbe tornare utile anche agli stessi astronauti, data l’altissima presenza di diossido di carbonio nell’atmosfera marziana. Questi potrebbero utilizzare le maggiori quantità di metano prodotte in loco come carburante per tornare sulla Terra, alleggerendo il carico dell’andata. Oppure ancora per alimentare sempre in contesti spaziali la produzione di altri materiali, funzionali a rendere possibile, per esempio, la vita su Marte.

La sperimentazione, intanto, sta andando oltre, con esperimenti nell’utilizzo di altri catalizzatori per creare ulteriori elementi, come l’etilene, elemento base di plastica, gomma e capi sintetici.

 

Produrre benzina dal whisky

E se la produzione di carburante sostenibile dall’anidride carbonica sembra una soluzione geniale, esiste un progetto di ricerca ancora più sorprendente. Celtic Renewables ricava benzina a partire dal whisky. Precisamente, dagli scarti della lavorazione del whisky, sottoprodotti organici che invadono le distillerie al termine del processo di produzione della bevanda alcolica.

La distillazione del whisky richiede soltanto 3 ingredienti: acqua, orzo e lievito. L’acqua serve a estrarre zucchero dall’orzo, dando origine a un liquido zuccherino cui viene aggiunto lievito, che la fa fermentare nell’alcol. Dopo la distillazione dell’alcol, in vista della maturazione in botti di rovere, rimangono sul campo due sottoprodotti complessi da smaltire. Si tratta della birra, cioè l’orzo privato dello zucchero, e della pot ale, il liquido residuo post-distillazione. Due tipologie di scarti prodotte in quantità di 750,000 tonnellate e 2 miliardi di litri rispettivamente. Perché affrontare costi elevati di smaltimento quando i due sottoprodotti potrebbero essere trasformati in qualcosa di nuovo e produttivo?

Basta riportare in auge il processo di fermentazione acetolo-butanolo-etanolo (ABE), sviluppato durante la Prima Guerra Mondiale e poi accantonato in seguito all’espansione dell’industria petrolchimica. L’industria ABE è completamente biologica e può perciò dare vita a biocarburanti completamente sostenibili e di alto valore a partire da scarti di basso valore. Già nel 2017 la start up dimostrava la validità dell’idea guidando un’auto alimentata proprio a biobutanolo prodotto a partire dal whisky.

E mentre il butanolo alimenterà i trasporti del futuro, l’acetone e l’etanolo verranno riutilizzati nel settore cosmetico, in quello farmaceutico e dei prodotti per l’igiene o in quello alimentare. Il processo di fermentazione, inoltre, può essere applicato a qualunque rifiuto organico. Potrebbe perciò aiutare tutti i settori che ne producono a valorizzare i propri scarti, secondo i dettami dell’economia circolare.

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