L’amministratore può agire in giudizio senza il mandato dell’assemblea per tutelare il condominio.
L’Amministratore agiva in giudizio per tutelare il condominio dall’installazione, sulla facciata interna dello stabile dallo stesso amministrato, di alcune canne fumarie poste a servizio dei locali terranei di proprietà di un condomino, in quanto le medesime arrecavano un danno al decoro architettonico e alla sicurezza dei condomini.
Si costituiva in giudizio il condomino proprietario dell’unità interessata dall’installazione delle canne fumarie, contestando sia la legittimazione attiva del Condominio ad agire, in quanto riteneva che la domanda interessasse i singoli proprietari e non il condominio stesso, sia la carenza di legittimità dell’Amministratore ad agire, non avendo un mandato assembleare sul punto di conferimento di poteri.
Con riferimento alla prima questione posta dal condomino convenuto, occorre aver riguardo al combinato disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c..
La prima norma, ovvero l’art. 1130 c.c., al punto 4, fa obbligo all’Amministratore di “compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio“.
Secondo l’interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità alla suddetta disposizione legislativa, il legislatore con tale previsione ha inteso attribuire una serie di poteri conservativi all’Amministratore, sia con riferimento agli atti materiali (i.e. riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) che a quelli giudiziali (es. azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi), necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile tanto contro i condomini quanto contro i terzi (Cass. n. 8233 del 2007).
Resta esclusa, quindi, la possibilità, per colui che gestisce le parti comuni dello stabile, di esperire azioni reali contro i detti soggetti dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità o al contenuto di diritti su cose e parti dell’edificio (Cass. n. 3044 del 2009 ; Cass. n. 5147 del 2003).
Nel caso di specie, sia i giudici di merito che la Corte di Cassazione, avevano ritenuto che la domanda di maggior rilievo promossa dall’Amministratore avesse ad oggetto l’installazione di canne fumarie sulla facciata dello stabile condominiale.
Gli ermellini, quindi, ritenevano che il giudice di merito avesse correttamente sussunto la fattispecie in esame nel disposto dell’art. 1130 n. 4 c.c., in quanto l’Amministratore del Condominio aveva agito per difendere il mantenimento dell’integrità materiale delle facciate, di pertinenza del fabbricato, stravolte dalla nuova installazione.
Detta azione non era, quindi, volta all’accertamento dei diritti dominicali, ma consisteva in un’azione “di ripristino” e, pertanto, non era necessario il mandato di tutti i condomini, potendo l’Amministratore agire ex art. 1130 c.c., n. 4, e art. 1131 c.c. (v. Cass., Sez. Un., 18331/11 cit.; più di recente, Cass. n. 3846 del 2020).
Di conseguenza, emergendo l’intenzione da parte dell’Amministratore di agire per il rispristino dei luoghi e il risarcimento del danno nei confronti dell’autore dell’opera denunciata, lo stesso poteva agire anche senza il mandato da parte dei condomini (Cass. n. 16230 del 2011).
Alla luce del ragionamento sopra esposto, la Corte di Cassazione, con la sent. n. 6428 del 03/03/2023, in adesione ad altre pronunce della stessa, ha affermato che “l’amministratore di condominio può agire in giudizio per far rimuovere la canna fumaria dalla facciata dell’edificio senza mandato dell’assemblea” in quanto esercita un potere conservativo della cosa comune.