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lunedì 23 Settembre 2024

L’autorizzazione del condominio per stare in giudizio

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L’amministratore condominiale necessita sempre dell’autorizzazione del condominio per stare in giudizio?

Della questione si è di recente occupata la Corte di Cassazione, che – con la sentenza n. 342 del 10/01/2023 – ha statuito come non serva l’autorizzazione o la ratifica dell’Assemblea all’amministratore condominiale per resistere in giudizio avverso l’ingiunzione di pagamento notificata al condominio, quanto il giudizio ha ad oggetto il pagamento preteso dal terzo creditore in adempimento di un’obbligazione assunta dall’amministratore per conto dei condomini, ovvero per dare esecuzione a delibere assembleari.

Per comprendere a fondo le ragioni della decisione, è utile analizzare le ipotesi in cui l’amministratore può effettivamente stare in giudizio senza autorizzazione assembleare, distinguendole dalle ipotesi in cui tale adempimento non è invece necessario.

Per quanto concerne la prima questione, l’art. 1131 del c.c. prevede esplicitamente come l’amministratore disponga non solo della rappresentanza sostanziale del condominio, ma anche di quella processuale, al fine in primis di tutelare direttamente gli interessi dei condomini, ma anche di esercitare quei compiti che sono previsti dalla legge e/o che gli vengono espressamente assegnati dagli stessi.

Peraltro, secondo autorevole e consolidata giurisprudenza, tale potere-dovere incontra ben poche limitazioni. Invero, la Corte di Cassazione civile, nella sentenza n. 12622 del 24 maggio 2010, ha stabilito che la “legittimazione processuale passiva dell’amministratore” non incontra limite alcuno quando la domanda proposta contro il condominio riguarda le parti comuni dell’edificio. Anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’amministratore di condominio che proceda a tale opposizione non ha la necessità di essere autorizzato dall’assemblea condominiale, ai sensi dell’art. 1131, secondo comma, c.c.).

Sul punto, pare inoltre opportuno citare quanto disposto dalla Suprema Corte, nella sentenza del 16 febbraio 2017 n. 4183, nella quale testualmente ribadisce che “in tema di impugnativa di delibere assembleari relative all’individuazione del criterio di ripartizione delle spese, per proporre appello non occorre alcuna autorizzazione assembleare ai sensi dell’art. 1130 n. 1 e 3 c.c., in quanto tali controversie rientrano nelle normali attribuzioni dell’amministratore di condominio”.

V’è dunque da chiedersi quando l’amministratore abbia effettivamente bisogno dell’autorizzazione assembleare per poter legittimamente stare in giudizio in nome e per conto del condominio.

Alla luce di quanto finora esposto, pare chiaro che ove l’interesse alla tutela giudiziale esorbiti dalla sfera e dalle attribuzioni codicistiche dell’amministratore, il medesimo non può ritenersi automaticamente legittimato a stare in giudizio per conto del condominio.

Conseguentemente, in questi casi, è necessaria un’espressa autorizzazione assembleare che investa l’amministratore medesimo del potere di rappresentare i condomini nel giudizio in corso.

A tal proposito, si rammenta che la citata autorizzazione può sopraggiungere anche in un secondo momento rispetto alla costituzione delle parti, grazie all’applicazione di quanto disposto dall’art. 182, comma 2, c.p.c. Invero, tale norma consente al giudice, ove rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, di assegnare alle parti un termine perentorio per la regolarizzazione. Detto altrimenti, entro tale termine, l’amministratore condominiale che si sia costituito in giudizio, privo della preventiva autorizzazione assembleare ovvero della ratifica, potrà farsi comunque rilasciare tale autorizzazione a posteriori, provvedendo a depositarla presso la cancelleria del giudice competente entro la scadenza fissata da quest’ultimo.

I principi e le regole di condotta ut supra analizzati sono peraltro stati ribaditi e condivisi dalla recente sentenza Cass. Civ. n. 342 del 10/01/2023, citata all’inizio del presente contributo.

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